domenica 2 dicembre 2007

LA PAROLA AI CANI....

Quelli che non ti chiedono nulla.
Che ti danno tutto. E che ti restano accanto fino alla fine.

Storie di cani che sembrano uomini quelle raccontate da José Jorge Latria. "Amati cani" (edizione Cavallo di ferro. Traduzione di Lisa Ginzburg. 190 pagine. 14 euro) è un libro che parla dei cani di alcuni tra i personaggi più famosi della storia.

Stavolta la prospettiva è ribaltata. Non sono gli uomini che parlano dei cani. Sono i cani che "raccontano" gli uomini a cui hanno dedicato il loro amore.
A volte la loro vita. Come Delta che restò accanto al suo piccolo padrone Lucio durante l'eruzione del Vesuvio che distrusse Pompei "per condurlo nella morte come aveva fatto nella vita".
O come Morizt, l'alano tedesco che il barone von Richtfhorten, meglio conosciuto come il Barone Rosso, si portava in volo durante i combattimenti aerei della Prima Guerra mondiale.
O come Prince, il pastore tedesco di Rodolfo Valentino, che quando il seduttore morì, sparì senza dare più notizie.

Latria fa "parlare" i cani in prima persona.
A volte racconta lui stesso...
Come quando parla di Ernest Hemingway. Uno che di cani ne aveva quattro. Con loro viveva a Quinta Vigia. Con Negrita, Blackie, Machakos e Black Dog, lo scrittore "amava chiacchierare allo stesso modo in cui scrivendo conversava con i suoi lettori" :i quattro capirono quando il mal di vivere aggredì Hemingway, avvertirono che "non aveva più la freschezza che gli permetteva di correre dietro lungo strade e sentieri". Un colpo di fucile mise fine alla vita dello scrittore. Negrita, Blackie, Machakos e Black Dog riposano sepolti nel giardino della grande casa cubana.

Ed ancora la storia di Rin Tin Tin che passò dalle trincee della prima guerra mondiale a Hollywood, o quella di Maf, che Frank Sinatra regalò a Marilyn Monroe.
Lei lo chiamò Maf, nomignolo che beffardamente ricordava le voci che davano "The Voice" in odore di rapporti con la mafia italoamericana.
Fu Maf a vedere, giorno per giorno, il declino di Marilyn, la sua infelicità, la sua morte. Standole accanto. E la diva, nel testamento, si ricordò di lei, lasciando detto di restituirla a chi gliel'aveva regalata. Quel Sinatra che, saputo della morte dell'amica, sussurrò "My Way". Stretto ai suoi due cani.

Ed ancora Blondie, il pastore tedesco femmina di Adolf Hilter. Pare di vederla mentre racconta la follia del suo padrone, "che mi trattava bene, ma giuro non sapevo nulla dell'Olocausto. Il mio padrone non ne hai mai parlato in mia presenza, forse per non rendermi complice dell'orrendo crimine". Poi il crollo del nazismo, le ultime ore nel bunker di Berlino. Quell'ultima carezza e il veleno che pone fine alla vita di Blondie. Poco prima che Hitler ed Eva Braun pongano fine alla loro.

Storie lievi e anche tristi quelle raccontate da Latria. E a che nessuno venga più in mente di esclamare, arrabbiato, "mondo cane". Magari lo fosse.

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