domenica 25 novembre 2007

RIFLESSIONI SULLA MUSICA

In questo scritto vorrei cercare di realizzare qualcosa di simile ad un elogio dell'immaginazione musicale, vorrei tentare di abbozzare una una sorta di perorazione in favore di essa. E subito ci si chiederà: ma ve ne è forse il bisogno? Oppure: perché mai dovremmo sentirne il bisogno?

In realtà io credo che una simile esigenza si faccia sentire proprio nel momento in cui si avvia una riflessione sull'estetica musicale, un ripensamento dei suoi problemi. C'è qualcosa che oggi si muove nella direzione di questo ripensamento, per lo più con la consapevolezza non solo della musica che cambia, ma soprattutto del fatto che il cambiare dellamusica richiede un "cambiare musica" anche nei modi di "pensarla", di intenderne il senso e gli scopi.

Sia dal punto di vista dei progetti compositivi che da quelli della riflessione teorica, si ricomincia a considerare la musica come forma d'arte piuttosto che come qualsiasi altra cosa. Sembra strano il notarlo. E tuttavia proprio tutti i problemi legati all'"artisticità" della musica, e quindi alla specificità dei suoi scopi e della sua destinazione, sono stati troppo a lungo messi da parte da moduli di pensieri e da orientamenti intellettuali di derivazione adorniana


Certamente vi è ancora chi ritiene che la posizione adorniana valga non solo per i cinquant'anni precedenti agli anni Cinquanta – ma che, leggendo accortamente tardi scritti di occasione e compulsando qui e là folgoranti illuminazioni, si possa fare di Adorno il profeta della fine del secondo millennio. Ed anche al di là di simili entusiasmi, che non è il caso di prendere in seria considerazione, vi sono forse ancora delle apparenti ovvietà, dei persistenti pregiudizi, delle remore che hanno ancora, talora inconsapevolmente, quella matrice e che è interessante portare alla luce, per contribuire in qualche misura a liberare le potenzialità del dibattito in corso e le forze creative che in esso si misurano.


In questo contesto si situa l'intento del nostro elogio. In esso si tratta soprattutto di raccogliere alcuni alcuni motivi che sembrano di particolare importanza proprio in rapporto al "cambiare musica" in una teoria della musica, e di conseguenza per giustificare anche la scelta del filo conduttore di queste mie considerazioni.


Alla domanda su quale necessità vi possa essere di un elogio dell'immaginazione musicale, cominceremo con il rispondere notando che la stessa espressione di immaginazione musicale da un lato può avere un impiego del tutto ovvio, dall'altro ha invece bisogno di essere di essere chiarita, e per certi versi di essere proprio il tema di una perorazione e di una difesa. Nessuno contesterà infatti che si possa dire che un brano musicale è opera dell'immaginazione nel senso che essa è il risultato di una "invenzione". Essa viene inventata così come si inventa la trama di un romanzo o il soggetto di un dipinto. Ma se ci scostiamo un poco da questo senso così generico, e naturalmente anche così privo di problemi, ci imbattiamo subito in qualche difficoltà.


C'è infatti qualcosa che sembra fare resistenza a porre l'accento sull'immaginazione nel campo musicale, e in particolare nel campo della riflessione sulla musica – qualcosa che in parte dipende dalla natura peculiare della musica, in parte dai nostri pregiudizi intorno ad essa ed alle funzioni immaginative in genere.


In realtà ci sembra subito di comprendere che cosa significhi immaginare la trama di un racconto, non solo nel senso generico dell'invenzione, ma in quello del prospettarsi una sequenza di eventi che si succedono e si intrecciano variamente gli uni agli altri; oppure che cosa significhi immaginare un personaggio, la sua fisionomia, la sua psicologia, il suo modo di comportarsi. L'immaginare si esplica qui in un senso assai prossimo a quello del "fantasticare" nel senso usuale del termine, cioè dell'immerg ersi in un mondo di eventi nel quale confluiscono frammenti del reale, e quindi della memoria, dell'esperienza vissuta, che vengono tuttavia organizzati secondo nuovi nessi e raccolti secondo nuove reti di significato.


L'immaginazione si appoggia qui a cose, a eventi, ad esperienze vissute. Si appoggia al passato. Si trova in rapporti più o meno occulti con il desiderio. L'oggetto immaginario è in realtà assai prossimo, nella struttura fenomenologico, all'oggetto del desiderio.


E' già indicativo dell'esistenza di un problema il fatto che una espressione come "oggetto immaginario" possa apparire invece tendenzialmente enigmatica in rapporto alla musica.
"Immaginare" nel linguaggio corrente richiede un complemento oggetto.

Immaginare è immaginare qualcosa. E si può con qualche ragione sostenere che nell'ascolto, l' immaginare qualcosa sia contrario alle convenienze, se non addirittura una manifestazione di grossolanità e di mancanza di raffinatezza.


Si può essere certi che in rapporto alla musica si possa dire, e soprattutto lo si possa con la stessa ovvietà, che l'immaginazione si appoggia ad eventi e ad esperienze vissute? Dove cercare, nella musica, la memoria, dove il desiderio?


Di contro siamo subito messi di fronte alla composizione come costruzione secondo regole in qualche modo simili a "regole grammaticali". Questo è probabilmente un altro dei motivi che tendono a porre in secondo piano il momento dell'immaginario musicale. Il punto importante è che vi siano delle regole, e che l'opera sorga dalla loro applicazione. Tutto il resto apparterrebbe alla psicologia della creazione o della fruizione.


Vi è qui indubbiamente una tentazione particolarmente forte ad emarginare il problema dell'immaginario musicale, a ritenerlo irrilevante nella riflessione filosofica ed estetica. Questa tentazione può approfittare di modi erronei di concepire l'analisi musicale oppure di malintesi e fraintendimenti legati agli sviluppi dell'informatica musicale.


L'analisi della tecnica compositiva di un brano musicale dovrebbe forse essere concepita soprattutto come un momento interno di un percorso che comincia con la musica e termina nella musica, cioè come una dissoluzione analitica considerata strettamente in funzione di una nuova sintesi interpretativa, in funzione dunque di una possibile esecuzione. Essa viene invece talora intesa come un puro e semplice smontaggio che avrebbe il solo scopo conoscitivo di "sapere come il pezzo è fatto", proiettando sul br ano musicale l'immagine di un congegno di cui debbono essere messi allo scoperto molle, viti e ruote dentate.


D'altro canto la ricerca informatica dell'"algoritmo generatore" di uno stile fa pensare all'opera come un teorema all'interno di un sistema deduttivo. Si è allora tentati dall'analogia tra un brano musicale e ciò che i logici chiamano una formula ben formata – e non vi è bisogno di immaginazione per realizzare una simile formula. È vero che una formula ben formata è solo una condizione del significato, e quindi occorre che ad essa si aggiunga qualcosa affinché essa arrivi a livello significante. Tuttavia anche l'osservare che la semplice applicazione delle regole non basta, che deve esserci appunto la scintilla dell'immaginario per far passare il prodotto di scuola all'opera autentica, rappresenta una considerazione superficialmente giusta, ma troppo debole e per molti versi insoddisfacente. In essa viene mantenuta l'opposizione tra le regole e l'immaginazione, e quest'ultima viene nuovamente messa ai margini come quel certo non so che di fondamentale importanza, di cui comunque non vale la pena di parlare.


L'idea che vi sia una simile opposizione sembra del resto far parte della stessa essenza teorica del problema. La facoltà immaginativa non si esplica forse nella violazione della regola piuttosto che nella sua osservanza, non si parla forse della libertà della fantasia che sfugge in via di principio ad ogni controllo?


Rammentare questo punto sembra avere un particolare significato in rapporto alla musica novecentesca nel suo insieme. Si potrebbe sostenere che nella musica novecentesca, l'idea della grammaticalità della musica si sia fortemente allentata, e che questo allentamento comporti una liberazione dell'immaginario musicale. Ma questa espressione resta ancora, nella sua genericità, priva di un'autentica giustificazione teorica, il suo significato resta, ad un tempo, ovvio e poco chiaro.

Nessun commento:

Archivio blog