martedì 27 novembre 2007

SOAP OPERE E MUSALSALAT

MUSALSALAT E IL TERRORISMO SUGLI SCHERMI ARABI



“Non solo comunicati di Bin Laden, video di rapitori e rapiti, filmati di stragi e bombe che esplodono. Il terrorismo mediatico, nel mondo arabo, non va in onda soltanto sugli schermi di Al Jazeera, diventata ingiustamente famosa in Occidente unicamente per l’abbinamento infausto di televisione e terrore. Con più di 250 canali televisivi locali disponibili via satellite ai pubblici arabi, un argomento così spinoso e attuale riesce a trovare spazio anche dentro altri generi televisivi, oltre a quelli dell’informazione e dell’approfondimento giornalistico. Uno dei terreni privilegiati per la trattazione di tematiche “tabù” come il terrorismo è la fiction seriale.
Se ne poteva avere riscontro lo scorso Ramadan, sintonizzandosi sugli schermi di Lbc, canale libanese con ampi ascolti panarabi, localizzati specialmente nel bacino del Golfo.

L’uso delle serie televisive come veicolo privilegiato di informazione e di educazione verso temi scottanti non è nuovo nella storia dei mass media arabi. La nascita stessa del genere televisivo delle musalsalat è legata a un preciso disegno politico, elaborato negli anni sessanta, all’alba delle trasmissioni della tv egiziana, dall’allora presidente Nasser, capofila del movimento dei Paesi Non Allineati e leader carismatico della dottrina del panarabismo.

Le musalsalat si distinguono dalle soap opera occidentali non solo per ragioni strettamente legate alla fattura televisiva – un numero determinato di episodi le prime, una serie infinita le seconde. Un’importante differenza sta nella struttura del loro contenuto: mentre le soap opera trattano intrecci amorosi e love story tout court, le musalsalat fanno muovere le vicende affettive dei protagonisti dentro un contesto storico e sociale ben definito. Il progetto politico è evidente: ricordare alla popolazione, anche quando diventa solo audience televisiva, che ha un’identità e una storia.

La strategia dell’anti-terrorismo televisivo non serve soltanto a mobilitare l’opinione pubblica contro l’integralismo, ma deve operare per ricostruire un legame saldo con i cittadini-telespettatori: legame che rischia di venir meno in alcune zone del paese, fomentate dai Fratelli Musulmani fino quasi a sfiorare la guerra civile.
Il delicato compito assegnato a queste serie tv è trovare il compromesso fra l’attacco ai movimenti integralisti e l’attaccamento moderato ai valori religiosi, impedendo che questi diventino la piattaforma su cui contestare la politica statale”.

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