"Racconto una storia operaia ambientata nel 1980, nel momento in cui si assiste al colpo di coda finale di un movimento nato 12 anni prima e caratterizzato da una passione collettiva che si e' rivelata molto poco realistica. Un periodo storico che rappresenta una pietra miliare per comprendere cio' che accade oggi". Wilma Labate racconta in "Signorinaeffe", film con Valeria Solarino, Filippo Timi e Fabrizio Gifuni, in uscita venerdi' 18 in 70 cinema, i 35 giorni in cui gli operai della Fiat di Torino scioperarono bloccando la produzione della prima azienda del Paese. La protesta, nata dalla decisione dell'azienda degli Agnelli di mandare in cassa integrazione quasi 25mila operai, porto' alla famosa 'marcia dei quadri', quando il 14 ottobre 1980 40mila 'colletti bianchi' e operai sfilarono per le vie di Torino chiedendo che la Fiat riaprisse i cancelli, rivendicando il diritto al lavoro e dando il via a quella che e' stata definita la stagione del riflusso.
La marcia - ha spiegato in conferenza stampa a Roma Domenico Starnone, sceneggiatore del film con la Labate e Carla Vangelista - "a differenza di quanto ha scritto Cesare Romiti, non rappresento' un successo per l'Italia produttiva, ma la sanci' la ripresa dei comandi da parte della Fiat e la fine della classe operaia". In "Signorinaeffe" Wilma Labate racconta la storia d'amore nella Torino di fine 1980 tra un operaio della Fiat e una donna, figlia di un ex-operaio, che lavora come impiegata nell'azienda torinese ed e' fidanzata con un ingegnere, anch'egli dirigente Fiat. Una storia che finisce con la presa di coscienza della ragazza che ricomincia ad inseguire i suoi sogni di carriera e di una vita borghese: la sconfitta dell'amore, collegata a quella della classe operaia. Le vicende personali dei tre, a cui si aggiungono quelle di un altro operaio Fiat e della sorella della ragazza, si intrecciano e vengono schiacciate dalla realta' prepotente raccontata dal film.
"E' un momento in cui si passa da una fase sociale a un'altra - ha detto ancora Starnone - in cui la coscienza di classe cambia per sempre". Importante la scelta della regista di prendere le parti degli operai, di descrivere i 'colletti bianchi' in maniera talvolta impietosa, pur tentando di sottolineare i conflitti interiori di chi sa che il proprio benessere passa momentaneamente sul licenziamento di altri uomini. Una decisione che si accompagna a quella di lasciare il sindacato e il mondo politico in secondo piano, seppure in immagini di repertorio compaiano i leader sindacali dell'epoca, Enrico Berlinguer e un giovanissimo Piero Fassino. "Mi interessava raccontare il mondo del lavoro, una storia operaia - ha spiegato Wilma Labate -. Ho sempre pensato che e' da quel mondo che viene parte della cultura del nostro Paese. La protagonista del film e' una ragazza moderna, che non aderisce a nessuna ideologia ed e' 'sospesa', ossia non fa scelte radicali perche' non puo' farlo, come accade per i precari di oggi: hanno una prospettiva lavorativa di anni e alternano periodi di lavoro a periodi di disoccupazione. Hanno un'identita' spezzata".
La battuta chiave del film, di una attualita' incredibile, segno di una realta' molto umana in cui 'homo homini lupus', e' pronunciata dalla vecchia nonna meridionale della ragazza che, guardando in tv le immagini del telegiornale sulla marcia dei 40mila, commenta: "'sta munnezza!". La storia dei 35 giorni che sconvolsero la classe operaia e il mondo sindacale non contemplano un elemento storico importante nel 1980, il terrorismo, che gia' aveva fatto numerose vittime anche alla Fiat. "E' stata una scelta voluta - ha spiegato ancora la regista -. Quell'argomento e' talmente pesante, ingombrante, che avrebbe inevitabilmente invaso quello della lotta operaia e avrebbe confuso i due piani. Percio' ho deliberatamente evitato di parlare di terrorismo per dare peso alla lotta degli operai ai cancelli, ai cortei, ai picchetti". Un'ultima precisazione, intuibile, da parte della regista: "Ovviamente la 'effe' del titolo sta per Fiat
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