mercoledì 12 marzo 2008

MIMMO PALADINO E BRIAN ENO

Dai Roxy Music a Mimmo Paladino, passando per gli U2 e Coldplay, la colonna sonora di un cult visionario come Untill the end of the world di Wim Wenders e il serial tv X Files. Insomma, dal rock colto e sofisticato all'arte contemporanea, per il "musicista non musicista" - come ama definirsi - Brian Eno il passo è istintivamente breve seppur epocale. Il genio stra-compreso della musica, che ama collezionare collaborazioni illustri - da David Bowie a Peter Gabriel, da David Byrne a Laurie Anderson - sfoggia una disinvoltura incredibile nell'aggiungere l'ennesimo nome di spicco al suo carnet, quello del maestro della Transavanguardia Mimmo Paladino, in un duetto-duello "Opera per l'Ara Pacis. Mimmo Paladino. Musiche di Brian Eno", che invade letteralmente fino all'11 maggio gli spazi espositivi del museo dell'Ara Pacis progettato dall'americano Richard Meyer, in un evento promosso dal Comune di Roma e organizzato da Zetema in collaborazione con la Galleria Valentina Bonomo.


La mostra non ha una fisionomia tradizionale, non è una sequenza statica e regolare di opere da contemplare, ma un dipanarsi di apparizioni multisensoriali secondo un ordine apparentemente visionario all'interno dello spazio. Presenze trasfigurate dalla luce soffusa, vaporizzata, che cede spesso alla penombra, avvolte da una musica evanescente, multiforme, inafferrabile, in costante mutazione ed evoluzione.


"Quello tra Mimmo Paladino e Brian Eno è un matrimonio morganatico - commenta Achille Bonito Oliva, curatore dell'evento insieme a Federica Pirani e James Putnam - Si erano già sposati dieci anni fa per una collaborazione suggellata a Londra nell'installazione dei Dormienti, poi ognuno ha ripreso la sua strada, Paladino nella sua ricerca plastico-pittorica, Eno con le scorribande nella musica attraversata da esperienze multiformi tra rumori tribali e grande tecnologia. Mettono in scena un felice conflitto tra arte e musica, un duetto ma anche duello, per approdare ad un armistizio che occupa l'intera Ara Pacis, trasfigurata in Ara Artis".

Tutto prende il via simbolicamente dal monumentale cerchio nero, un "occhio" aperto sull'altare della pace augustea, una perfezione circolare di alluminio, dove la superficie sezionata appare incisa da tatuaggi evocativi di segni arcaici e antiche scritture, forse uno zodiaco ancestrale. Una citazione ingegnosa e assai "colta" del mazzocco rinascimentale, il solido prediletto da Paolo Uccello che si divertiva a trasformarlo in copricapo fantastico nei suoi dipinti, come sfoggiano alcuni soldati del suo capolavoro assoluto, la "Battaglia di San Romano".

Paladino chiama la sua scultura la "o" di Giotto tridimensionale, totem mistico e criptico, che trasfigura una figura geometrica in un'immagine fiabesca: "Il cerchio è ricoperto di segni, di graffiti che sono un tema ricorrente in questa mostra - racconta Paladino - D'altra parte proprio in questo museo dell'Ara Pacis ritroviamo i graffiti che ci raccontano e rappresentano le diverse stratificazioni storiche del monumento". Se il giottismo della "o" è il saluto iniziale, il cuore pulsante batte nel piano inferiore del museo, diventando "l'epifania delle opere dei due maestri", dice Bonito Oliva. Un'operazione espositiva in cui gli artisti creano due rotte di collisione: le sculture di Paladino si muovono lungo lo spazio, ricoprendo una lunga parete con scarpe di legno animate da uccellini di bronzo che sfidano la forza di gravità, evocative di un nomadismo umano, un'installazione a griglia che diventa un treno immaginario carico di presenze, uomini dormienti - ma il dormire non è anche morire per Shakespeare? - chiusi in posizione fetale, scarpe, guanti, pesci e piatti rotti, una sorta di visionario viaggio, forse verso la tragedia di Auschwitz, forse in attesa di un risveglio dall'incantesimo. E ancora tracce di alberi dai rami secchi con cappelli incastonati, protesi di corpi smembrati, un rabdomante sulla cui schiena crescono magici rami alla ricerca forse di una fonte nascosta. Fino al cuore del percorso, la "camera segreta", la nicchia sotto l'Ara di Augusto, dove le pareti esplodono in pitture a bande rosse e bianche.

E ogni postazione diventa palcoscenico imprevedibile della musica incorporea e priva di melodia di Brian Eno, rumori sempre diversi, mai uguali, che spiazzano lo spettatore: "Il suono di Brian Eno diventa carne attraverso le opere di Paladino", dice Bonito Oliva. "Con Paladino ci conoscevamo da tempo - racconta Brian Eno - dieci anni fa a Londra collaborammo per l'installazione dei Dormienti nella cripta della Round House. Stavolta la sede del nostro incontro è diversa, è migliore, più grandiosa ed evocativa. Quando lavoro ho due pensieri fissi: che la musica sia costantemente diversa, che non si ripeta, e che cambi, evolva, in qualsiasi punto dello spazio, perché in qualsiasi modo ci si muova nello spazio, la percezione della musica sia una sorpresa costante. Lavorare con Paladino è ancora una volta una grande esperienza. La sua arte ha una forza ambientale, è talmente invasiva che satura l'ambiente e quindi la vista, esattamente come la musica, che deve invadere lo spazio, saturare l'ambiente e quindi le orecchie".

E della sua musica dice: "Il mio interesse intellettuale risiede nella scienza. Sono interessato alla teoria evolutiva e a quella della complessità perché mi piace pensare a come le cose si evolvono nello spazio divenendo altro dall'origine. Nella mia musica creo una serie di elementi che a loro volta sono combinati insieme da sistemi, ma senza che io possa prevedere in anticipo la sequenza e il risultato finale. Ho smesso di fare il guardiano della musica". Paladino, che è di casa all'Ara Pacis visto che ne ha firmato il mosaico, dice: "Ho lavorato sullo spazio astratto dell'Ara Pacis, secondo una forma di libertà pura. Ed è giusto che noi artisti seguiamo questo intento. Che Brian Eno abbia abbandonato l'immagine potente di musicista rock di grande popolarità per una strada più impegnata, ne fa un artista della nostra schiera".

Notizie utili - "Opera per l'Ara Pacis. Mimmo Paladino. Musiche di Brian Eno", dall'11 marzo all'11 maggio, Lungotevere in Augusta (angolo via Tomacelli).
Orari: martedì-domenica, 9-19.
Ingresso: intero €6,50, ridotto €4,50.
Informazioni: tel. 060608, www.arapacis.it.
Catalogo: Gli Ori, Prato (con le fotografie di Ferdinando Scianna).

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