sabato 29 marzo 2008

'KRONOMAKIA' di DANIELE SEPE





Il vizio di non deludere, la virtù dello scoprire o meglio del rovistare nei più intricati meandri della musica popolare a 360 gradi, antica o contemporanea che si voglia; ricavarne e rinfrancandone il suono, mischiandolo sapientemente fino a travasarlo come una preziosa alchimia nei condotti uditivi di viaggiatori sonici al di quà e al di là dello spazio-tempo, e confonderli nel piacere di una ristorante fusion che oscilla tra il medio e nuovo evo.
Sintetico pensiero di quello che scorre in “Kronomakìa” (lotta contro il tempo), nuovissimo album del musicista partenopeo Daniele Sepe, affiancato in questo escursus di pregio dal Rote Jazz Fraktion, da anni al seguito dell’artista, e dall’Ensemble Micrologus, magnifici interpreti della musica medievale.
Un album che illustra l’origine e l’evoluzione sorprendentemente ricercata dell’etnomusicologia, basamento di contaminazione, quasi ancestrale, di amalgama, collante tra le diverse culture nel tempo, straordinariamente fresche e attuali, senza classificazioni di sorta, che si ritrovano intatte nel dna della musica cosiddetta contemporanea, quella dei nostri giorni.
Daniele Sepe torna con questo suo nono cd per Il Manifesto con una energia nuovamente ricaricata e prodiga di frizzanti metabolismi che affascinano, sempre al comando di una sua personalissima rotta e disegnatore di punti cardinali a sua veduta e immaginazione.
Tredici brani di buon respiro, stuzzicherìe variopinte e di gusto: dal saltarello a gjiga irlandese di “Salterello III”, dalla cantata medievale “Vite perdite CB 124”, poi versata in funky jazz, alle riottose pive galiziane de “La rotta”. Tamburelli, rivisitazioni etniche, jazz e barocco che si incrociano ed iniziano a ballare girotondi e riletture di “antico”, in un caleidoscopico cromatismo di distensione interiore e predisposizione ad “iniziarsi ad una specie di ascolto colto”. Infatti l’artista Sepe a riguardo delle commistioni stilistiche fa notare come “…lo scambio di culture e civiltà diverse sia servito non poco a costruire quell’organico strumentale che si chiamerà orchestra, che è simbolo della musica colta occidentale. Insomma Wagner non sarebbe esistito senza l’apporto di illustri anonimi musicisti di ascendenza mediorientale. Il mischiarsi delle razze e delle culture porta sempre l’umanità un passo in avanti …”.
Un artista, un modo di suonare che ad ogni uscita discografica, come questo “dotto” “Kronomakìa”, crea sempre suspence, interesse e curiosità improvvise come le due sfiziose tracce di chiusura “Vivimus (Stayn’ alive) e “Norwegiae lignum (Norvegian wood): la prima dei Bee Gees e la seconda dei Beatles, interamente rivisitate nel fasto maximum della fusion, ovvero in latino.

Nessun commento: