lunedì 26 maggio 2008

FRANCESCO DE GREGORI "CALYPSOS"



'Calypsos'. 'Per brevità chiamato artista', il nuovo lavoro del cantautore romano.
È un De Gregori doc, piacerà al pubblico che lo segue da decenni, sferza con il suo lirismo eppure il disco (disponibile anche in vinile) dà in qualche passaggio l'idea di un già sentito, forse di un cd di transizione.



Il brano che dà titolo all'album non appare la canzone più significativa del nuovo lavoro, che si articola in 9 brani per un totale di quasi 38 minuti.
A spiegare il titolo del disco è lo stesso De Gregori: "Sul mio primo contratto discografico c'era questa definizione legale che mi riguardava. Era un pò agghiacciante e un pò divertente, e credo di aver pensato fin da allora che ,prima o poi ,l'avrei usata in una canzone. Comunque, mi interessava mettere al centro del mio lavoro la parola 'arte' nel senso romantico del termine, qualcosa che consapevolmente intende lasciare un segno poetico e intellettuale ,non solo un mestiere che ha a che fare con una distribuzione o un mercato".



A voler graduare questo nuovo lavoro dell'autore di 'Rimmel', meglio, molto meglio 'L'angelo di Lyon' scritto dal fratello Luigi Grechi, una ballata cantautorale di rara bellezza. Spiega De Gregori: "È la seconda volta che canto una canzone di mio fratello dopo 'Il bandito e il campionè. Questa è una canzone diversa che mi ha affascinato per il suo testo impenetrabile. La definirei una canzone sull'impenetrabilità, la trascendenza dei misteri d'amore: riascoltandola ho notato che forse è l'unica canzone veramente d'amore di tutto il disco".



Nel complesso, aggiunge, "un disco dove ci sono dentro pezzi di vita ma anche delle visioni e delle 'pre-visionì. Lo potrei definire un'autobiografia fantastica. Questo forse comprende anche l'amore e la politica, ma il gioco non è sempre dichiarato".



Ecco allora dipanarsi 'Finestre rotte' in chiave swing, 'Celebrazione' ("Ci sono posti dove sono stato, dove il Piave mormorava, la sinistra era paralizzata e la destra lavorava").



E poi 'Volavola' che riecheggia un motivo popolare, l'ironica 'Carne umana' e 'Imperfetto', filastrocca tutta coniugata in quel tempo verbale.



Malinconici i versi di 'Infinito', la canzone che chiude l'album. 'Ho viaggiato fino in fondo nella notte, senza guardarci dentro, senza sapere dove stavo andando. E alle mie spalle il giorno si stava consumando, e ho provato un pò di tristezza. Ma nemmeno tanto'.

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